«L'opera di Agrippa commentata da Arturo Reghini ripropone tutta la dottrina magico-sapienziale degli Arcani Vetusti, in cui si riverbera tutta la valenza simbolica del serpente ouroborico dell'Hecate Celeste, una primordiale origine intellettiva ed iniziatica, esplicitazione cosmogonica di un'unica realtà noetica. In tale prospettiva, le componenti sia filosofiche sia cultuali dell'evo antico già si connettevano direttamente ad una dimensione magico-teurgica così come rimanifestatasi nel platonismo rinascimentale, con cui costituivano un unicum sapienziale, che solo la miopia moderna ed accademica ha potuto sezionare analiticamente, smarrendo il senso comune della complementarietà delle parti. Nel rito segreto a cui allude Agrippa vi è la convergenza di un sapere filosofico ed intellettuale, rappresentato, per esempio, dai citati Plotino e Porfirio, con una propensione tipicamente ermetica con quella espressa sia da Giamblico che da Proclo, che si ritrovano nella Scuola Pitagorica e negli insegnamenti non scritti di Platone, ¿γρ¿φa δ¿γμaτa» (Luca Valentini).